Quattro cose da sapere su Soul in streaming dal 25 dicembre 2020

In mancanza di una sala presso cui presentarlo, il nuovo film della Pixar arriva direttamente sulla piattaforma Disney plus, dove i fan della nota casa di produzione si sono riversati per poterne fruire.

Soul racconta la storia di Joe Gardner, uomo di colore quarantenne che insegna musica ai ragazzini di una scuola media. Appassionato di musica Jazz, Joe risulta essere insoddisfatto dalla sua posizione lavorativa, ed è da sempre in attesa dell’occasione della vita che gli permetta di fare strada nel mondo musicale che tanto ama; proprio quando arriva grazie ad un suo ex allievo con cui ha mantenuto i contatti, cade in un tombino, vede la strada verso la morte cui cerca di fuggire, per ritrovarsi nell’antemondo; dovrà diventare mentore e preparare giovani anime (la sua si chiama 22) a trovare la propria scintilla per essere pronte alla vita sulla terra. Ma cosa ne sa realmente Joe della vita?

Su questa domanda (e non soul’o) s’impernia l’intero film che, soprattutto nella fase iniziale fatica a creare una narrazione coinvolgente. Cosa sa Joe della vita? Lui conosce solo la sua passione ed i contrasti con la madre che, di questa passione, non comprende l’entità e il dove possa portare. E in realtà nemmeno il figlio. Joe, che in realtà ricordiamo sempre più come Gardner, ovvero come ogni insegnante ricorda i suoi allievi e dunque per cognome, conosce solo ciò di cui si nutre. E’ il prodotto esclusivo del suo sapere, non delle sue conoscenze. Sa cosa deve insegnare ai suoi allievi, ma non sa come farlo perchè di fondo non conosce i suoi allievi. Come può dunque essere un buon insegnante per l’anima perduta che gli viene assegnata? Come può aiutare 22, un anima enciclopedica che ha studiato con filosofi, scienziati e psicologi, a superare la paura del mondo perchè pur avendo studiato non trova la sua scintilla? L’accidentale esperienza sulla terra e lo scambio di identità tra i due personaggi permetterà l’avvenimento di questo passaggio. Ma chi impara realmente di più?

Soul: the alternate endings and the post-credits scene that was never seen  on Disney Plus | Movies | FAME | EN24 News

Eccola qui la reale domanda a cui dobbiamo rispondere. Eccolo qui il senso di Soul. Ritenuto dai più fin troppo complicato al punto da dimenticare di conferire al film l’aura magica di cui tutti gli altri film della Pixar godono, Soul è un film il cui significato e la cui magia (percepibile in realtà più verso il finale), in realtà, sfugge ai più. Convinti che sia condensato solo nell’immagine finale, il senso ultimo del film sta invece nel cuore e risiede nel concetto per cui la vita non si insegna ma si impara; e ciò che si impara dai libri va conosciuto al punto da non essere preso troppo sul serio. E mentre lo spettatore si chiede continuamente quale sia la scintilla di 22 (camminare? la pizza? le persone? l’insegnamento?), la risposta la trova solo quando 22 inizia ad usare il termine jazzare come sinonimo di vivere, termine che Gardner trova incomprensibile, incastrato com’è nel considerarlo qualcosa di talmente alto da non riuscire a viverlo se non in maniera sofferta. Ed ecco perchè il film s’intitola Soul e non Jazz: l’anima del protagonista è soul, non Jazz. Tende a far venir fuori l’emotività che si traduce e si tradisce nei tiepidi assolo, in inglese chiamati “solo”, che se 22 si fosse chiamato 0, Soul’0 sarebbe forse stato un titolo perfetto. Ma in realtà s’intitola soul perchè Soul in inglese ha molteplici significati, ovvero anima, passione (in senso figurato) ed Afroamericano. E su questi tre termini si possono condurre altre analisi, altre osservazioni.

Cominciamo dall’anima, primo concetto chiave. 22 è un’anima che al contrario di Gardner mette anima nel vivere ogni cosa (camminare, mangiare, tagliare i capelli, ascoltare l’allieva); considerato un concetto spirituale, l’anima quindi è qui qualcosa di più terreno di quanto non sia in realtà e direttamente contrapposta alla passione (secondo significato) che, da sempre ritenuta terrena, eccessivamente alimentata diventa spirituale ed ingestibile.

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Arriviamo al termine Afroamericano. Visto da tutti in diretta tendenza col movimento Black lives matter, la scelta del mondo black è più dettata dalla volontà di mettere di fronte ad un concetto più ampio, ovvero di fronte al fatto che l’emotività fa parte di un essere umano al di là del colore della pelle. E il discorso più reale, in più, proviene dalla donna black Dorothea Williams, priva di qualsiasi indole femminista di tendenza. Non si conferisce dignità al mondo black attraverso la rappresentazione dell’essere umano, ma semmai il contrario: è il mondo black che restituisce dignità all’uomo analizzando la vita di un uomo di colore, senza toccare minimamente la questione razziale nè tanto meno l’ingombrante femminismo. L’uguaglianza dell’umanità risiede anche e soprattutto qui. Più che political correct in nome di Black lives matter, la scelta appare più che altro correct ( o forse really political correct) in nome del concetto: black thinks better.

Pixar's Soul: the Dorothea Williams Quartet, nuovi poster - afnews.info

Concetto disincantato? Che non mette di fronte alla combattività di Miguel in Coco ad esempio? Sicuramente Miguel è un protagonista più attivo, ma Miguel ha chiaro in mente il concetto che sfugge a Gardner: il mondo es mi familia, che è poi ciò che impara 22. Ed è qui che forse incorre il difetto più grande di Soul: 22 non dimostra abbastanza entusiasmo una volta giunto sulla terra. Dimostra sorpresa ed incanto di fronte alla pizza, alla storia del barbiere, al camminare, al correre, all’allieva che va a trovarlo (momento in cui viene fuori un altro concetto chiave, ovvero il fatto che si fa ciò che si fa semplicemente perchè fa stare bene), ma mai la quantità di entusiasmo che ci si aspetta. Viene così in parte compromessa la netta contrapposizione tra 22, che è il reale protagonista della storia, e Gardner, che è invece il reale allievo. Motivo per cui lo spettatore non riesce a godersi a pieno la storia, oltre al fatto che i disegni non soddisfano le aspettative.

Soul quindi non è un film perfetto, ha i suoi pregi e i suoi difetti (compreso un montaggio sonoro ottimo nella prima parte e meno curato nella seconda) come ogni essere umano, come ogni film, ma i suoi protagonisti imparano a guardare alla vita così com’è, e forse dovremmo farlo anche noi. Anche al cinema. That’s just regular old living